sabato 22 novembre: in mountainbike all’eremo rupestre di Pietraspaccata
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Guida: Gennaro Cera, 339 4200421
Ci incontreremo a Piazza Dante alle 9.00 per partire alle 9.30 risalendo verso
Capodimonte prima e Chiaiano poi da li proseguiremo attraversando Chiaiano. Una volta arrivati a Marano ci allontaneremo, per quanto possibile, dal traffico
attraversando il centro storico del paese e cominciando a risalire le pendici dei Camaldoli.
Lasciato il centro storico continueremo a salire fino ad arrivare nella contrada San Marco e
poi a masseria Faragnano. Fin qui il percorso è asfaltato. Gli ultimi due chilometri, anche
questi in lieve salita, sono su di una carrareccia con fondo sconnesso che porta all’Eremo Di Pietraspaccata
Dopo aver visitato l’eremo impegneremo la ripidissima discesa di via Marano Quarto
(fare attenzione!), una antica strada sconnessa scavata nel tufo che sin dall’antichità metteva in
rapida comunicazione Marano con Quarto. Giunti a Quarto proseguiremo per saliscendi
alla volta dei Pisani e di Pianura per poi attraversare Fuorigrotta, via Caracciolo e salutarci
a piazza Dante.
Il percorso si sviluppa in un tracciato lungo 33 km (nel dettaglio 12 km da piazza Dante
all’eremo di Pietraspaccata e 21 km dall’eremo a piazza Dante)
Dislivello: circa 300 mt (non considerando i saliscendi al ritorno)
L’antico eremo di Santa Maria di Pietraspaccata
(di Walter Mattozzi)
Posto sulla sommità di un vallone che dal bosco di Faragnano (un’area verde ubicata sul
versante maranese dei Camaldoli) discende verso la piana di Quarto, questo piccolo
eremo è un vero e proprio angolo di paradiso, immerso nel verde degli alberi di castagno
ed appoggiato alla possente rupe tufacea, in cui in parte è scavato. La sua storia è
senz’altro particolare. Enzo Savanelli nel suo libro “Marano: storia, tradizioni e immagini”
riferisce: “Nell’alto medioevo un eremita elesse a sua dimora Pietraspaccata e, come
spesso succedeva in casi del genere, abitò in un anfratto preesistente (che nel nostro
caso dovette essere o un antico deposito o una tomba romana ricavata nel tufo). Col
tempo adattò, tale rifugio a luogo di preghiere e di eremitaggio autosufficiente ricavando
perciò altri vani su due livelli”.
Secondo la tradizione il nome deriverebbe da un episodio avvenuto durante la costruzione
dei primi ambienti: un blocco di tufo, cadendo, avrebbe sprigionato l’immagine della
Madonna che sarebbe poi divenuta la “reliquia” della chiesa fino al suo trafugamento negli
anni ‘70. Interessante è la lapide marmorea del 15 maggio 1751, posta nella cappella, con
cui si mette fine ad un lungo contenzioso tra la curia di Pozzuoli ed il comune di Marano
per la gestione dei beni della chiesa. La facciata esterna, che è databile intorno al XVII
sec., è composta da una struttura in muratura di almeno tre piani (i quali però sono ben più
bassi del normale), a cui si affianca la cappella. A questa si accede tramite una bassa
gradinata di tre scalini. Sul lato destro della cappella sporge parte della roccia tufacea in
cui sono scavati tre piccoli ambienti, ben visibili dall’esterno.
L’impressione che si ha è quello di una struttura semplice ed armonica, in cui tutte le
componenti esterne si omogeneizzano senza particolare difficoltà.
La parte interna dell’eremo è completamente scavata nel tufo e si sviluppa su due livelli
(almeno quelli ora visibili) e consiste in più ambienti: al primo livello vi è una cappella
absidata con affresco (in cui due monaci pregano rivolti verso la Madonna con bambino) e
un pavimento maiolicato, che nelle sue piccole dimensioni e nella semplicità richiama la
facciata esterna. Ben più complessi sono gli altri ambienti del secondo livello, quelli
riservati alla vita monastica che sono tutti scavati nel tufo. Vi si accede tramite una scala
scavata nel tufo, da qui un piccolo ambiente di disimpegno centrale conduce, sulla destra,
ad un altro ambiente più largo, di cui è molto probabile l’utilizzo a dispensa (sono presenti
gli alloggi per le travi che dovevano sostenere botti o altri contenitori). A sinistra
dell’ambiente centrale si accede ad un altro locale non meglio identificato la cui parete
esterna fa parte della facciata in muratura. Un altro ambiente presenta un forno in mattoni
e altre piccole strutture ad uso cucina. Al lato del forno c’è una finestra che comunica,
attraverso un pozzo, con la cappella sottostante.
Nel 1943 una bomba sganciata per errore da un aereo americano, centrò in pieno la
struttura in cui dovevano esserci gli alloggi dei monaci. Da questo momento inizia una
triste storia per il nostro eremo: il trafugamento della statuetta della Madonna, la fine delle
liturgie e quindi l’abbandono. Dopo qualche intervento sporadico, le condizioni di Santa
Maria di Pietraspaccata, oggi, non sono migliorate.
Problemi strutturali, e oltre tutto l’incuria e gli atti di vandalismo delle persone, peggiorano
una situazione già di per sé precaria. Anche il territorio circostante, la zona di Faragnano,
ricca di testimonianze archeologiche ed architettoniche, è particolarmente vivace anche
dal punto di vista agricolo e naturalistico. Purtroppo oggi è gravemente minacciata
dall’abusivismo edilizio. Inoltre il canalone, sulla cui sommità è posta Santa Maria di
Pietraspaccata, è percorso da una fogna a cielo aperto.